ESORTO VIVAMENTE TUTTI ALLA LETTURA E ALLA MEDITAZIONE DI UNO DEI STRAORDINARI BRANI TRATTI DAI QUADERNI DI MARIA VALTORTA

 


Dice Gesù:
«Si chiama “Festa di S. Croce”. Sarebbe meglio dire “Festa del Sacrificio”, perché sulla Croce c’è stato l’apoteosi del Sacrificio mio di Redentore. E dicendo: del sacrificio, si potrebbe dire “del Sangue”, perché sulla Croce ho finito di spargere il mio Sangue sino all’ultima goccia, sin quando esso non è già più sangue ma siero di sangue (Gv. 19,34): il trasudato estremo di un corpo che muore.
Quanto sangue, Maria! E l’ho sparso da per tutto, per santificare tutto e tutti. Anche in questo mio soffrire e sanguinare in più luoghi è il suo perché, che voi non indagate ma che Io, per la festa della Croce (14 settembre), ti voglio rivelare.
L’ho sparso nel Getsemani, orto e uliveto, per santificare la campagna e le opere della campagna. La campagna creata dal Padre mio con le sue messi, le sue viti, le sue piante da frutto, le sue pianticelle minori, ma tutte utili all’uomo e delle quali il Padre insegnò l’uso e la coltura, con soprannaturale insegnamento, ai primi uomini della terra. L’ho sparso là per santificare la terra e i lavoratori della terra, in cui sono compresi anche i pastori delle diverse specie di animali concessi dal Padre all’uomo per aiuto e sostentamento dell’uomo.
Ho sparso il mio Sangue nel Tempio, poiché ero già ferito da pietre e bastoni, per santificare nel Tempio di Gerusalemme il Tempio futuro, il cui cemento si iniziava in quell’ora: la mia Chiesa e tutte le chiese, case di Dio, e i ministri di esse.
L’ho sparso anche nel Sinedrio perché esso oltre che la Chiesa rappresentava anche la Scienza. E solo Io so di quanto bisogno di santificazione ha la scienza umana, che usa di sé per rinnegare la Verità e non per credere sempre più ad Essa, vedendo Iddio attraverso le scoperte della intelligenza vostra.
L’ho sparso nel palazzo di Erode, per tutti i re della terra, investiti da Me del supremo potere umano per la tutela dei loro popoli e della moralità dei loro stati. Anche nelle regge so soltanto Io quanto, quanto, quanto ci sarebbe bisogno di ricordarsi che Uno solo è Re: il Re dei re, e che la sua Legge è la legge sovrana anche sui re della terra, i quali sono tali finché Io non devo intervenire a privarli della corona della quale, o per colpa palese e personale o per debolezza colpa non materiale ma non meno condannata e condannabile perché causa di tante rovine non sono più degni.
E così ho sparso il mio Sangue nel Pretorio dove risiedeva l’Autorità. Quello che siano, perché siano, finché siano le autorità, il potere, ti ho già detto (30 giugno, 28,29 e 39 luglio) tempo fa. Quello che dovrebbero essere per non essere maledette dal Giusto eterno, lo possono ottenere soltanto in grazia dell’ubbidienza alla mia Legge d’amore e giustizia e del mio preziosissimo Sangue, che debella il peccato dai cuori e corrobora gli spiriti rendendoli capaci di agire in santità, anche quando eventi, permessi da Dio per prova di una Nazione e per punizione di un’altra Nazione, facciano sì che l’Autorità imperante non è del Paese stesso, ma del Paese vincitore od oppressore. In questo caso soprattutto dovrebbe l’Autorità ricordarsi che è tale per permesso di Dio e sempre per uno scopo che ha per base la santificazione delle due parti. Onde la necessità di non usare del potere per dannarsi e dannare gli oppressi e i dominati con un abuso ingiusto del potere. Ho dato il mio Sangue, spruzzandolo come pioggia santa nella casa di Pilato, per redimere questa classe della Terra che ha un infinito bisogno d’esser redenta, perché da quando il mondo è, essa ha creduto di poter far lecito ciò che lecito non è.
Ho imporporato di una sempre maggior aspersione di sangue i soldati flagellatori per infondere alle milizie quel senso di umanità nella dolorosa evenienza delle guerre, malattie maledette che sempre risorgono perché non sapete estirpare da voi il veleno dell’odio e inocularvi l’amore. Il soldato deve combattere, tale è la sua legge di dovere, e del suo combattere e uccidere non sarà punito poiché l’ubbidienza lo giustifica. Ma punito sarà da Me quando nel suo combattere usa ferocia e si permette abusi che non sono necessari e che anzi sono sempre da Me maledetti perché inutili e perché contrari alla giustizia, che deve essere sempre giustizia anche quando una umana vittoria inebria o un odio di razza suscita sentimenti contrari alla giustizia.
Il mio Sangue ha bagnato le vie della Città, stampando orme che, se più non si vedono, sono rimaste e rimarranno eternamente presenti nelle menti degli abitatori dei Cieli altissimi. Ho voluto santificare le vie dove tanto popolo passa etanto male si commette.
E se tu pensi che il mio Sangue profuso ogni dove non ha santificato tutti i ministri della Chiesa, non ha santificato le regge, non le autorità, non le milizie, non il popolo, non la scienza, non le città, non le vie e neppure le campagne, Io ti rispondo che Io l’ho sparso ugualmente pur sapendo che per molti si sarebbe ritorto a condanna invece che esser salvezza secondo lo scopo per cui lo spargevo, e l’ho sparso per quei pochi della Chiesa, della Scienza, del Potere, degli Eserciti, del Popolo, delle Città, delle Campagne, che hanno saputo raccoglierlo e comprenderne la voce d’amore e quella voce seguirla nei suoi comandi. Benedetti loro, in eterno!
Ma l’ultimo Sangue non fu sparso sulle zolle, sulle pietre, sui volti e sulle vesti, in luoghi dove l’acqua di Dio o la mano dell’uomo lo poteva lavare e sperdere. L’ultimo Sangue, raccolto fra il petto ed il cuore che già si gelava e sgorgato per l’ultimo spregio perché nel Figlio di Dio e dell’Uomo non restasse una stilla di liquido vitale ed Io fossi realmente l’Agnello sgozzato per l’olocausto accettevole al Signore l’ultime gocce del Sangue mio non sono andate disperse. C’era una Madre sotto quella Croce! Una Madre che finalmente poteva stringersi al legno della Croce, tendersi verso la sua Creatura uccisa, baciarne i piedi trafitti e rattratti nell’ultimo spasimo, e raccogliere nel suo velo verginale le estreme stille del Sangue del suo Figlio che gocciavano dal costato aperto e rigavano il mio corpo senza respiro.
Dolorosissima Mamma mia! Dalla mia nascita alla morte mia Ella ha dovuto soffrire anche per questo: di non poter dare alla sua Creatura quei conforti primi ed estremi che anche il più misero dei figli dell’uomo ha nel nascere e nel morire, e del suo velo ha dovuto far veste per il Figlio neonato e sudario per il Figlio svenato.
Quel Sangue non s’è perduto. Esso c’è e vive e splende sul velo della Vergine. Porpora divina sul candore verginale, sarà il gonfalone di Cristo Giudice nel giorno del Giudizio.»


Maria Valtorta - Quaderni - 14 settembre 1943 ed. Centro Editoriale Valtortiano

  

Commenti

  1. Pagina molto commovente, sublime! da irradiare a religiosi e religiose!

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  2. Brano commovente, meraviglioso, sublime! Sarebbe da irradiare fra i Religiosi e le Religiose della nostra amata santa Madre Chiesa cattolica: Grazie di avercela proposta.

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