MEDITAZIONI DAL “TRATTATO DEGLI SCRUPOLI DI COSCIENZA”
Da “Il giorno santificato” del Padre
Liborio Siniscalchi sj, Venezia 1797, Parte I, cap. XI, “Degli Scrupoli”:
«Lo Scrupolo, giusta la definizione dei
Casisti, altro non è che una vana apprensione, da cui nasce un'ansia ed un
timore di aver commesso colpa ove colpa non è.
Un tale stato di coscienza scrupolosa è
una vera malattia dell'anima, e talora Iddio la permette ad alcuni per purga
dei loro falli e per esercizio di pazienza.
E siccome le malattie del corpo prese
con conformità al divino volere sono assai meritorie, così queste interne
ambasce prese con rassegnazione e pazienza possono essere di merito.
Tuttavia, ove l'anima non sappia ben
guidarsi negli scrupoli, ed ove non adoperi quei mezzi che insegnano i Maestri
di spirito, recano comunemente molti danni.
Poiché gli scrupoli:
I. tolgono la pace interna e la fiducia
in Dio, facendo credere all’uomo che stia sempre in disgrazia del Signore;
II. impediscono l’uso frequente delle
Comunioni per l’apprensione di aver nell'anima colpa mortale quando veramente
non l’ha;
III. rendono difficilissima la
Confessione Sacramentale, facendo credere che per lei siano necessari mille
spiegamenti inutili, così che alcuni non si sentono soddisfatti se prima non
hanno scritto con gran fatica minutamente i loro peccati. Cosa assai nociva e
contraria alla guarigione degli scrupoli, onde con saggio avvedimento suol
proibirsi dagli accorti Confessori;
IV. fan perdere inutilmente gran tempo
che potrebbe utilmente impiegarsi in esercizi santi;
V. danneggiano la salute del corpo;
VI. pregiudicano alla stima, facendo
parer l’uomo rustico e facendogli fare alcuni scuotimenti di capo e moti d’occhio,
che recano grande ammirazione».
Dal “Trattato degli scrupoli di coscienza”
del Padre Giuseppe Cabrino, Venezia 1693, nn. 30 - 32:
«Altri si spaventano molto perchè nell’Orazione
ed in altri esercizi spirituali non hanno devozione, né soddisfazione, anzi
sono aridi senza devozione e senza amore alle cose spirituali, perciò s’inquietano
in diversi modi e quasi disperano della salute, e mille pazzie si pongono in
capo, inquietano sé stessi e gli altri, e non vedono, questi pazzarelli, che
sono fuori di strada e s’allontanano dal fine che si deve avere orando e nelle
altre opere buone.
Il nostro fine deve essere quello di
piacere a Dio ed operar bene per amor suo, e patire per amore di Nostro Signore
Gesù Cristo, il quale con tante sofferenze è morto per noi e che dobbiamo dunque
noi contraccambiarlo con l’offerta dei nostri patimenti e servirlo orando.
Bisogna ricordarsi che lo stesso Cristo
pregando nell’orto cominciò l’orazione con afflizione: tristis est anima mea usque ad mortem.
Lo dice Egli stesso, e la sua tristezza
cresceva orando in modo tale che la terza volta posto in agonia sudò sangue;
nonostante patisse tanto non lasciava l’orazione: et factus in agonia prolissus orabat.
Perciò se orando sei afflitto, patisci e
pensa che sei simile a Cristo quando pregava nell’orto, e quindi apprezza
questa grazia che ti fa’ Dio nell’orazione.
Di più, se vuoi gusto nell’orazione, già
cerchi il tuo gusto e di piacere a te stesso e non a Dio, che è contro il fine
principale dell’orazione.
Analogamente, se Nostro Signore ti
donasse tanto gusto orando quanto ne vorresti perché preghi, hai già ricevuto
la tua ricompensa, e non avrai frutto nell’altra vita, perché Iddio non paga
due volte, ne da’ due Paradisi, uno in questa vita e l’altro nell’altra perché
esiste un solo Paradiso: chi riceve rose e piaceri in questa vita ha spine e
tormenti nell’altra.
Perciò questi scrupolosi non devono
credere d’essere in peccato mortale né dannati, perché tale dolcezza e gusto e
devozione nella preghiera non sono segni infallibili della grazia di Dio, né
fanno l'uomo perfetto; viceversa, l’aridità di spirito e la distrazione non
sono segni di peccato, né di dannazione».
Dal cap. IV, n. 29:
«Gli scrupoli e le tentazioni inerenti
la predestinazione e la dannazione eterna debbono essere scacciati e bisogna
pensare ad altre cose, perché se prendono possesso dell’anima in vita molto più
lo faranno in punto di morte, dove maggiore è il pericolo per l'anima e più
gravi le tentazioni.
Bisogna sperare in Dio, il quale a tutti
soccorre.
Confrontarsi con la sua santa Volontà
osservando i suoi santi Comandamenti, perché Egli ci giudicherà secondo le
opere nostre e la Sua promessa fatta a chi li osserva.
Anche il predestinato è obbligato a
servire Dio, ad obbedirGli per la Sua divina eccellenza e come benefattore
misericordioso che gli elargisce molti benefici in questa vita, e che lo
castigherà meno nell’Inferno se non commetterà tanti peccati.
Deve ancora considerare che Dio è più
incline alla misericordia piuttosto che alla giustizia, e castiga non perché voglia
la morte del peccatore, né la sua dannazione, ma soprattutto desidera la salute
di tutti, e nel Cielo con gli Angeli fa’ festa quando si converte un
peccatore».
Dal cap. IV, “Rimedi particolari per
levare gli scrupoli”:
«Le persone troppo scrupolose, prima di
cominciare l’Ufficio Divino e l’Orazione si propongano di recitar bene e con
attenzione; se però s’accorgono che sono distratti ripiglino l’attenzione
proseguendo la recita dell’Ufficio o dell’Orazione senza ripetere, né tornare
indietro, ed agiscano così ogni volta che occorre, e se avendo recitato tutto
l’Ufficio od avendo terminato l’orazione s’accorgano di essere stati comunque
distratti senza loro volontà, ritengano di aver soddisfatto all’obbligo della
preghiera in virtù di quella intenzione, di quel proponimento fatto al
principio della stessa, perché in questa vita l’attenzione attuale non è in
nostra potestà e normalmente in tutte le cose non è possibile averla
completamente».
Dal cap. II:
«Gli scrupoli nascono da molte cause:
1- da quella malinconia che rende
timorosa la persona in ciò in cui non dovrebbe esserlo, è così gli scrupolosi
molte volte senza timore risolvono i dubbi degli altri ma temono sempre su ciò
che li riguarda.
2- dall'ignoranza a causa della quale l’uomo
non discerne il vero dal falso.
3- dalle suggestioni del Demonio
distruttore della nostra quiete.
4- dal corpo troppo afflitto e macerato
da digiuni, vigilie, fatiche, pensieri gravi etc., i quali inaridiscono il cervello,
la mente si turba e da’ occasione agli scrupoli.
5- dallo stare in compagnia di
scrupolosi e timidi, poiché come la compagnia dei buoni rende le persone buone
e quella dei cattivi porta al male, così quella degli scrupolosi fa diventar
così chi gli sta vicino.
6- dalla superbia, la quale non è solo
fonte di ogni peccato ma qualche volta è causa degli scrupoli ed affligge
l'anima.
7- dall’abitudine ai peccati di odio,
ambizione, amore disordinato ed altri simili a questi».
Dal cap. XII:
«Non è da stupirsi se nel principio
delle nostre buone opere si mischia qualche amor proprio o qualche timore
servile.
Quello stato, nel quale l’anima non opera
che per l’impulso dell’amore Divino non viene a tutti concesso.
Permette Iddio queste imperfezioni per
renderci più umili, e resta soddisfatto, mentre il cristiano contribuisce,
secondo il suo potere, agli effetti della Sua grazia.
Egli si comunica all'uomo per Via di
potenza, di dolcezza, e di verità.
L’elezione di quei diversi modi non dipende
dal nostro arbitrio, ma bene sta in noi il corrispondervi con fedeltà.
Si riducono tutte al punto assoluto
dell’amore; questo è l’effetto del potere della grazia.
Egli è quello della Sua dolcezza ed è il
tratto della verità, che entra con i suoi lumi nel palazzo dell'anima».
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