Casi di sacerdoti martirizzati per aver mantenuto il segreto della confessione
Il sacerdote italiano,
esorcista salesiano, servo di Padre Pio ed erede di Don Bosco, morto in
concetto di santità nel secolo scorso, Don Giuseppe Tomaselli, in uno dei suoi
preziosi e innumerevoli libretti, intitolato: “La Confessione”, riporta alcuni
casi di sacerdoti che sono stati coinvolti in situazioni talmente estreme e
delicate, da preferire il martirio, piuttosto che violare il sigillo del
sacramento della riconciliazione.
In questa sede ne
citiamo solo tre esempi molto significativi che aiuteranno a comprendere
l’importanza fondamentale del ruolo arduo del confessore, non solo nei consigli
spirituali e nelle penitenze che egli rivolge e attribuisce ai fedeli che si
accostano a questo straordinario sacramento, ma specialmente nel segreto che
sono rigorosamente tenuti a rispettare, sotto pena di peccato mortale, delle
rivelazioni che i penitenti fanno nel confessionale.
ESEMPIO 1
-
Condannato
all’ergastolo.
Nel 1875 il Sacerdote
Kobylawies, curato di Oratoè presso Kiew, nella Russia, fu arrestato sotto
l’accusa di assassinio e condannato a vita ai lavori forzati in Siberia. Dopo
diversi anni, si trovò sul letto di morte l’organista della Chiesa di Oratoè e
non potendo egli resistere al rimorso della colpa, fece venire l’autorità
giudiziaria e comunale e confessò pubblicamente che l’autore dell’assassinio,
di cui era stato incolpato il Sacerdote di Kobylawies, era lui stesso. Disse
pure che per allontanare ogni sospetto, si era servito del fucile preso al
curato e si era poi confessato al medesimo per chiudergli del tutto la bocca,
nelle indicazioni che avrebbe chiesto la Giustizia. Dopo di ciò, l’autorità si
rivolse a Pietroburgo per la liberazione del Sacerdote. Fu risposto che era
morto da parecchi mesi. Gloriosa vittima del segreto confessionale!
ESEMPIO 2
Il seguente fatto
avvenne nel 1825 a Callao nel Perù. Il reverendo Pietro Marieux fu chiamato a
confessare alcuni rivoluzionari, i quali erano stati condannati a morte. Il
generale Rodil, dopo aver fatto fucilare gli insorti, intimò al Sacerdote di dire
quello che aveva sentito in Confessione, sperando di conoscere così altri
rivoluzionari. Non riuscendo con promesse, si venne alle minacce. Essendo tutto
inutile, il generale furibondo disse: O parlate o morrete fucilato anche voi! –
Fu messo allora in un cassone e fucilato; dopo venne seppellito senza che se ne
constatasse la morte. I particolari furono deposti da testimoni oculari, tra
cui alcuni erano parenti del Sacerdote.
ESEMPIO 3
San Giovanni
Nepomuceno, canonico di Praga, in Boemia, fu tentato a rompere il sigillo della
Confessione. Si rifiutò energicamente e per punizione fu gettato nel fiume
Moldava.
Fonte: Don Giuseppe
Tomaselli, La Confessione, Opera
Caritativa Salesiana, 1946, pp. 30-31-32-33.
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