UNO STRAORDINARIO CASO DI UN’ABORTISTA CONVERTITA DOPO 7 ABORTI «Vicini a te, tutti e sette»
Nel dicembre del 1945 un sacerdote fu
chiamato d'urgenza ad assistere una signora moribonda. Dopo averne ricevuta la
confessione, ebbe da lei in consegna una lettera-diario di dodici fogli che
avrebbe dovuto far conoscere alle madri dieci anni dopo. La protagonista si era
sposata nel 1914 con un giovane buono e religioso. Quando nacque la prima
bambina (l'unica a cui la madre permise di vedere la luce), la felicità degli
sposi fu al colmo. Ma la madre si propose che nessun'altra maternità doveva per
lei verificarsi. Dopo due anni, altra gravidanza. Con la complicità di un'amica
perversa che già l'aveva iniziata alle pratiche illecite, finse una disgrazia e
tutto fu a posto. Dopo pochi mesi altra maternità. Si ripeté il delitto, e così
per altre cinque volte di seguito. Un giorno, in una conferenza riservata alle
signore, ebbe a udire un severo monito per quelle madri snaturate che
impediscono ai propri figli di nascere. Da allora la donna non ebbe più pace.
Nel diario narra:
«Dormivo forse da circa due ore quando fui svegliata da uno che chiamava: -
Mamma -. Mia figlia era andata dalla zia e poi quella voce non era la voce di
mia figlia. Accesi la luce, balzai a sedere sul letto e stetti in ascolto.
Pensai provenisse dall'appartamento degli inquilini di fronte, ma scartai
subito l'ipotesi. La voce io l'avevo intesa distinta, vicinissima, nella mia
camera, al mio fianco, addirittura dentro di me. In più osservai che non era
una voce sola, ma parecchie insieme, fuse così bene da sembrare una sola.
Stetti così non so quanto tempo. Poi pensai che si trattasse soltanto di un
incubo, al quale stavo dando troppa importanza. Spensi la luce. Non era passato
un quarto d'ora ed ecco di nuovo la voce di prima, anzi le voci di prima: -
Mamma. Adesso ero sveglia e potei accertare che quelle voci provenivano proprio
di lì, dalla mia stanza, a uno o due passi. Erano voci ovattate, soffocate,
d'un tono triste».
La notte seguente fu peggio. Durante il
giorno aveva cercato di distrarsi il più possibile. Si era appena messa a letto
quando quelle voci misteriose: - Mamma, mamma - si fecero ancora sentire.
Questa volta erano più esplicite:
- Siamo noi, mamma, i figli che non hai fatto nascere.
Il diario continua:
«Se non diedi un urlo di spavento fu perché non ne ebbi la forza.
- Guarda, siamo qui vicino a te, tutti e sette. Ed ecco sulla parete di
fronte, tra la specchiera e la finestra, sette macchie di luci, molto distinte.
Si muovevano non scivolando sulla parete, ma tra la parete e me, cambiando
rapidamente consistenza quasi di continuo».
Il giorno appresso la signora si ridusse
in tale prostrazione che si temeva della vita.
Si riebbe; le voci si fecero riudire.
Ricorse al sacerdote e fece la sua non
facile confessione dopo la quale scrisse: «...mi
sentii risanata e piansi». Volle riparare. Adottò sette bambini pagani che
fece battezzare ed educare in un istituto missionario. E per alcuni mesi
riacquistò la pace e la serenità. Qualche tempo dopo, le voci di lamento
durante la notte si rinnovarono. Le sopravvenne una forte depressione nervosa
per cui fu ricoverata in una casa di salute mentale, in cui rimase per tre anni. Invano
cercò di ribellarsi a un provvedimento così inopportuno, e scrisse: «Posso giurare di non aver mai perduto un
istante la coscienza di me stessa. Sono ancora oggi in grado di riferire quello
che si diceva e che accadeva intorno a me».
Guarì per le preghiere di un sacerdote
in fama di santità. Andò a vivere con la figlia che intanto si era sposata e,
sebbene le pene interiori non fossero cessate del tutto, non si ripeterono più
quei misteriosi fenomeni.
Tratto dalla sintesi dell’opuscolo: “Mamma, perché ci hai uccisi?”, Edizioni Paoline, 1958.
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