LA BEATA TEODORA E LE 20 PROVE VISSUTE IN PURGATORIO DOPO LA SUA MORTE

 


San Basilio aveva ancora un discepolo, Gregorio, un laico molto timorato di Dio. Egli voleva sapere cosa avesse ricevuto Teodora per il suo servizio zelante a san Basilio. Questi pregò e Gregorio nel sonno vide Teodora in paradiso, nel posto luminosissimo preparato per Basilio. Gregorio le chiese come si fosse divisa dal corpo e come avesse raggiunto quel luogo beato. A questa domanda santa Teodora rispose raccontando come era morta e come aveva superato la prova. Ecco, vi consiglio di leggere questo racconto con attenzione. È molto istruttivo e ci guida alla conoscenza di noi e infonde, anche, la convinzione della forza di una penitenza ricca di lacrime e della confessione.

 

Santa Teodora ha attraversato venti prove:

La prima in cui si colpiscono i peccati di lingua: i discorsi inutili, violenti, sacrileghi, indecenti bestemmie, buffonate, canzoni mondane svergognate, esclamazioni indecenti risate e sghignazzi.

La seconda è la prova della menzogna, in cui si colpisce ogni parola bugiarda e anche ogni spergiuro che invochi il nome di Dio invano, la falsa testimonianza, la mancata fede alle promesse date a Dio, la confessione di peccati non accaduti veramente e altre simili menzogne.

La terza è la prova della condanna e della calunnia – la diffamazione del prossimo, lo scherno dei suoi difetti e peccati.

La quarta è la prova della gola, della sensualità, della sazietà, della crapula e dei divertimenti, dell’ubriachezza e della trasgressione dei digiuni.

La quinta è quella della pigrizia, dove si castigano tutte le ore e i giorni passati nell’ozio, i parassiti, i salariati, che non operano responsabilmente, quanti trascurano le celebrazioni della domenica e dei giorni festivi, che si annoiano al mattutino e alla liturgia, negligenti nelle questioni che toccano la salvezza dell’anima.

La sesta prova è quella del latrocinio di diverso genere.

La settima è quella dell’amore per il denaro e dell’avidità.

L’ottava è quella dell’usura e di ogni specie di speculazione.

La nona è quella dell’ingiustizia, dove si colpiscono i giudici ingiusti, corrotti dalle ricompense, che giustificano i colpevoli e condannano gli innocenti, quanti trattengono lo stipendio al salariato, quanti adottano misure e pesi ingiusti nella compera e nella vendita.

La decima è quella dell’invidia, dell’odio, dell’odio fraterno e dell’inimicizia.

L’undicesima è quella dell’orgoglio, della vanagloria, della presunzione, del disprezzo, dell’alterigia, della mancanza di rispetto ai genitori, della disobbedienza all’autorità.

La dodicesima è quella dell’ira e della collera.

La tredicesima è quella del rancore, dell’astio covato nel cuore contro il pros­simo, della vendetta, del rispondere al male con il male.

La quattordicesima è quella dell’omicidio, dove si colpisce non solo il banditismo, ma anche qualsiasi ferita, colpo sulla testa o sulle spalle, schiaffo in faccia, spintoni dati con rabbia.

La quindicesima è quella del sortilegio, dell’incantesimo, dell’avvelenamento, dell’invocazione dei demoni.

La sedicesima, la diciassettesima e la diciottesima sono quelle dei peccati carnali.

La diciannovesima è quella dell’eresia, delle errate teorie sulla fede, dell’abbandono della ortodossia, della bestemmia di Dio e di tutto ciò che è santo.

La ventesima è quella dell’assenza di misericordia, della crudeltà e del chiudersi alle necessità dei poveri.

 

Ciò che affrontò la Beata Teodora, lo incontra ogni anima. L’Apostolo parlò del dominio aereo dei demoni. Questi spiriti maligni e inopportuni lasciano passare l’anima che è destinata ad ascendere al trono di Dio, senza attentare ad essa e, se anche non la afferrano, la turbano con i loro spaventi. Come fare? Per nostra grande consolazione le lacrime della penitenza e le sue opere, particolarmente le elemosine, cancellano tutti i peccati. Quante volte la beata Teodora vedeva come i demoni portavano dei pacchi dove erano scritti i suoi peccati e, aprendoli per accusarla, non ci trovavano nulla. Gli angeli che la accompagnavano, quando ne chiese loro la causa, le spiegarono che, a chi sinceramente si pente dei suoi peccati e digiuna, prega e fa l’elemosina, i peccati vengono cancellati.

Non fantasticate vanamente, ma accogliete nel cuore questo racconto e comportatevi, con tutti i vostri difetti, secondo le sue indicazioni.

 

Fonte: Lettera XXXVI di San Teofane il Recluso, in La Vita Spirituale: Lettere di San Teofane il Recluso, pubblicate da Città Nuova Edizioni, 1996.

 


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