GESÙ ALLA BEATA CONCHITA: “L’INVIDIA FRA I SACERDOTI OFFENDE GRAVEMENTE IL MIO CUORE E PRODUCE DANNI INCALCOLABILI ALLA CHIESA!”
Un’altra realtà che mi offende,
gravissima e molto diffusa, è l’invidia che molti dei miei sacerdoti nutrono
verso altri sacerdoti loro confratelli. Sorgono sentimenti d’invidia per coloro
che sono particolarmente dotati per la predicazione, o esercitano il ministero
della confessione, per chi ha amicizie con persone di alto rango, per le
preferenze accordate da vescovi e superiori, per gli incarichi assegnati ad
altri, per i gradi gerarchici che si pensa di meritare, per gli studi, le doti,
gli affetti, ecc., ecc.. Tutto ciò è molto comune, perché i sacerdoti sono uomini,
hanno passioni da uomini, camminano sulla terra e la polvere si attacca anche
ai loro piedi. Ma poiché sono sacerdoti, anime predilette e vasi di elezione,
devono vivere, pur essendo sulla terra, una vita di cielo; devono rifuggire da
certe passioni banali e non lasciare che s’impossessino dei loro cuori, poiché
in questo modo perderanno la pace e resteranno coinvolti in mille altre
passioni, che formeranno una catena che li trascinerà a mali peggiori. Queste
invidie reciproche, fra coloro che si dicono miei, hanno delle conseguenze
incalcolabili e arrecano danni molte volte irreparabili, che mi offendono
gravemente! Questo vizio è molto sottile in coloro che si dedicano al mio
servizio, e la mia Chiesa ne risente le conseguenze: i Vescovi soffrono per questi
dissensi, i fedeli ne restano scandalizzati e Io ne sono offeso.
Che importa se alcuni sacerdoti hanno
più talento, godono di maggiori simpatie e brillano più di altri? Per Me la
vera grandezza non consiste in ciò che brilla, in ciò che passa, in ciò che si
vede, in ciò che è umano, ma in ciò che si nasconde nel segreto di un cuore
puro, umile e pieno d’amore. Io non vengo ripagato dai successi clamorosi e la
mia maggior gloria non consiste nel commuovere le folle, ma nella santità e
perfezione interiore delle anime. Io sono padrone di distribuire i miei talenti
a chi Mi piace, ma trovo la mia consolazione nel sacerdote puro, umile, nel
sacerdote che ha un cuore di apostolo, che non cerca la propria gloria negli
applausi, ma la mia gloria con i suoi sacrifici nascosti, con la sua
abnegazione silenziosa, con la sua carità verso gli altri sacerdoti, che si
reputa da meno di loro, li rispetta, li loda e li ama con cuore sincero. Il
danno che proviene da quanto ho detto è grave, ferisce la mia Chiesa e il mio
Cuore; è qualcosa di molto doloroso che mi rattrista, e che desidero
ardentemente sia eliminato. Quante mormorazioni, quanta malevolenza, quanti
odi, perfino scandali, lagnanze e ingiustizie per l’invidia fra i miei! Quanta
gelosia, quanti litigi e accuse manifeste, e quante amarezze, superbia e odi,
covati nell’intimo, provoca questo vizio che addirittura può diventare passione
che offusca! Se i miei sacerdoti si preoccupassero di trasformarsi in Me, tutto
ciò sparirebbe e la mia carità risplenderebbe in loro con un Sole radioso che
fa dileguare le tenebre nelle quali il maligno nasconde le sue perverse astuzie
e intenzioni! Che importanza ha che alcuni mi diano più gloria, o almeno così
sembra, in alcune opere od Associazioni che in altre? Se tutti i sacerdoti
formassero un unico Corpo, il cui Capo sono Io, con una sola anima che è lo
Spirito Santo, cosa potrebbe importare che alcuni sono i piedi o le mani di
quel corpo mistico, dal momento che tutto sarebbe uno nella mia unità; tutto,
pur in forme diverse, tenderebbe allo stesso fine? Se tutti fossero parte di
un’unica croce, se tutti fossero frammenti di essa, cosa potrebbe importare
l’essere in alto o in basso, dal momento che tutti formerebbero la mia croce?
Voglio i miei vescovi e i miei sacerdoti
puri, molto luminosi, senza quelle macchie che li rendono spiacevoli ai miei
occhi. Essi vivono sulla terra ed è inevitabile che la polvere delle umane
miserie li contamini. Ma hanno Me e Maria, che siamo più premurosi verso di
loro che verso le altre creature. Essi ogni giorno nel sacrificio della Messa
si trasformano in Me; nel loro ministero vengono a trovarsi in un contatto
quasi continuo con la Trinità, scoprono la mia presenza in tante anime; nelle
loro preghiere, nel Breviario e nell’esercizio dei loro doveri sacerdotali
hanno la mia intima presenza. Tutto ciò li mette al riparo dalle tentazioni di
satana, li aiuta e li eleva sopra le mille passioni della terra. Se, come è
loro dovere, possiedono nella preghiera una vita di unione e un rapporto intimo
con Me, è un controsenso che con queste armi potenti, con questi scudi che li
difendono, diano adito a simili umane miserie, che possono condurli, e li
conducono, a quei peccati che impediscono l’effusione delle grazie per le loro
anime.
Sentii la carica spaventosa di demoni
che mi assalirono, la visione dell’inferno della Beata Conchita Cabrera de
Armida
Moglie e madre Conchita soffre le pene
di questa terra attingendo forza direttamente dal Signore:
«Voglio, figlia mia, che si introduca la
comunione domenicale offerta allo Spirito Santo per le mani di Maria, in favore
della Chiesa e dei miei sacerdoti. Si istituisca questa pratica nelle cinque
Opere della Croce».
Questa è la richiesta di Gesù.
Nel 1999 San Giovanni Paolo II riconobbe
le virtù eroiche della Beata Conchita de Armida. La mistica lasciò sessantasei
volumi di scritti per ordine dei suoi direttori spirituali con molti
riferimenti all’inferno. Molto presto, nella sua vita spirituale, Conchita ha
sentito il Signore dire:
«Tu ostruirai l’ingresso all’inferno per
molte anime e Tu sei la mia Croce, e la mia Croce ostruirà l’inferno … Tu
salverai molte anime figliola».
Nell’anno 1894 ebbe poi un’esperienza
infernale:
«Ieri sera circa 4 ore sul suolo: le
racconto cosa mi è accaduto. Durante questo tempo, in alcuni momenti ero
semi addormentata, ma quello che sto dicendo, lo ricordo bene, e mi scuote
l’anima dal terrore. Mi è venuto addosso l’inferno, Padre mio: sentii la carica
spaventosa di molti demoni che mi assalirono dal lato destro e si scagliarono
furiosamente contro di me, e come per vendetta, martirizzandomi. Io li
conoscevo, e a malapena potevo afferrare il mio Crocifisso dicendogli: “aiutami
Gesù, aiutami”. Mi svegliai terribilmente impressionata, quello che meno mi
aspettavo erano visite. Oh che orribile dev’essere l’inferno ed essere in potere
di questi crudeli nemici …! Tremo, tremo al solo considerarlo, e mi causa
profonda pena, ricordare ciò che mi disse Gesù la domenica, cioè che migliaia
di anime cadevano giornalmente in quel posto di tormenti».
Forse qui, l’espressione più notevole è
l’ultima frase: “migliaia di anime cadevano giornalmente in quel posto di
tormenti”.
Più tardi avrebbe sentito il Signore
fare un lamento sull’inattività dei suoi sacerdoti:
«E i miei Ministri dormono, lasciando il
campo dei miei raccolti a Satana! E’ indicibile e incomprensibile ciò che, su
questa deplorevole materia, accade nel mondo in ogni momento e in tutte le ore.
Io so come l’inferno si riempie di anime disgraziate che non hanno trovato, tra
gli stessi cristiani, chi desse loro un buon consiglio che forse li avrebbe
fermati sulla strada della perdizione».
Secondo quanto la venerabile Conchita
trasmette, è compito di tutti i cristiani e in modo speciale dei sacerdoti il
frenare le anime che sono “sulla strada della perdizione”.
La Venerabile ci riferisce anche altre
parole sentite dalla bocca del Signore, esse consentono anche una certa
penetrazione sulla natura dell’inferno:
«L’inferno è composto per la maggior
parte di odio spaventoso contro di Me, e contro coloro che, in parte, furono la
causa della disgrazia delle anime che vi si trovano. Così come nel cielo regna
l’amore, così nel profondo dell’inferno, regna questa maledetta passione
dell’Odio nella maggior estensione e sviluppo. E’ l’Odio, dunque, passione
infernale che porta l’uomo o lo trascina a quella fine infelice. Il cuore che
odia non può essere amato, perché l’Odio ha in sé questa proprietà che il
Demonio gli ha conferito; e poiché colui che non mi ama, mi aborrisce, dunque
colui che odia mi detesta e la sua perdizione eterna è sicura. La passione
dell’Odio è, sopra ogni valutazione spaventosa: e solo il suo nome, dovrebbe
far tremar l’uomo. Disgraziata quell’anima che lo ha in sé; poiché è un segno
di riprovazione quando non lo si cura radicalmente e proprio dalla radice. Il
rinnegato, l’apostata, il settario e il peccatore lo portano in seno,
disgraziati! Questo Odio infernale contro di Me. Il licenzioso, colui che ama
soddisfare tutti i suoi sfrenati appetiti, il sensuale, mi odia, perché voglia
o non voglia, ha la coscienza e la crudele certezza, che lo rode, che sta
mancando alla legge divina e alla morale. Il cuore di Satana nuota nell’odio
contro di Me, nel quale vive eternamente, allontanando sempre di più da sé
l’Amore, questo Amore divino che conosce, e che in lui stesso vorrebbe consumarsi;
ma nella sua eterna riprovazione, si avvolge nell’odio: si dispera e tenta di
vendicarsi, portando a perdizione l’uomo al quale trasmette le sue avvelenate
passioni».
Si dovrebbe fare attenzione a questa
formula:
“E’ così come nel cielo regna l’amore, così nel profondo dell’inferno, regna, questa maledetta passione dell’Odio nella maggior estensione e sviluppo”.
Su questo argomento dell’essenza dell’inferno, Conchita trasmette ancora ciò che sente dentro di sé:
«L’Odio
verso di Me, che lotta in Satana contro la sua convinzione del mio Potere e
della mia Grandezza perché non può ignorare quanto Io sia degno di ogni amore e
di ogni lode, perfino di lui stesso, causa il suo tormento maggiore […]. Satana
non mi può amare, e questo è il suo martirio costante, e, siccome non mi può
amare, per ciò stesso mi odia, e cerca l’offuscamento della Superbia per
togliere questa pena eterna … senza riuscirvi. Questo è il tormento essenziale
dell’inferno che porta con sé l’Angelo ribelle. Satana conserva le sue qualità
come spirito, e la sua intelligenza ha un’estensione che l’uomo non può
raggiungere né misurare. Ha nelle sue mani mezzi sconosciuti all’intelligenza
umana ed è tanto sottile, tanto vivo e tanto leggero, come l’uomo è molto
lontano dall’immaginare. Satana pure provvede e tende i suoi lacci alle anime
per farle cadere. Il futuro non lo conosce, ma lo intravede. Il Campo
spirituale è il più amato da lui, perché è quello che a Me porta più gloria. La
sua eterna vendetta contro di Me è sottrarmi l’amore e le lodi, giacché lui non
può darmeli. Nel suo cuore nero lottano l’Odio e l’Amore, e poiché per
quest’ultimo ha chiuso in sé ogni fonte, è roso dal tarlo della vendetta contro
di Me, e tutto quello che doveva essere l’amore, lo riconcentra nell’Odio e nell’Avversione.
Tutto il creato, tutto quanto dalle mani divine dell’Onnipotenza infinita è
uscito, tende alla gratitudine, all’amore, alla lode verso il Creatore; e
Satana, più di chiunque, altro, comprende e sperimenta in sé stesso questa
necessità ineluttabile, ma poiché la lode, la gratitudine e l’amore gli sono
preclusi, ringhia e si dispera, e trasmette questa pena a tutti coloro che mi
danno gloria loro malgrado; perché l’essenza della loro disperazione sta verso
di Me, per Dio quale furono creati … Questo tomento è ciò che costituisce
l’inferno nella sua essenza, a parte gli altri speciali, nei quali ora bruciano
le anime, e poi le anime con i corpi, eternamente […]. E questo non è
giustizia, perché in Dio non può esistere nemmeno l’ombra di essa. Questo
tormento eterno è la gloria della Giustizia oltraggiata e il castigo della
Superbia».
Così la lotta di Satana nei confronti di
ciò che riconosce del Signore “causa il suo tormento maggiore”, questa lotta
dell’odio contro l’amore dovuto al Signore diviene infatti l’eredità
dell’inferno.
E’ questa, la frustrazione
dell’inclinazione naturale tenendo verso il Signore che si trova in ogni
creatura. Tutto questo è riassunto in una parola che Conchita ha sentito dal
Signore nel 1928:
«L’amore, figlia, l’amore è tutto,
racchiude tutto, abbraccia tutto, e unisce la terra al cielo. Anche nello
stesso inferno, se ci fosse amore non sarebbe inferno; ma è proprio la carenza
di amore che si converte in odio a formare l’inferno».
Don Marcello Stanzione
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