Meditazione: L'INFERNO DESCRITTO DA GIUDA ISCARIOTA
Tratto dal libro “Visioni mistiche dell’inferno, purgatorio e paradiso”
AA.VV.
ESORCISMO DEL 16/3/1982,
AUTOACCUSA DI GIUDA ISCARIOTA
Esorcista-
Di' la verità e solo la verità in nome di Dio...
Giuda:
(NOTA - Oggi si tende a riscattare Giuda e a
minimizzare la sua colpa: ben pochi si dicono certi della sua condanna eterna;
quasi tutti sostengono non si possa affermare con sicurezza che Giuda sia
all'inferno. Come è possibile sostenere questo se si pensa a quanto Gesù ha
detto di lui: "Sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato"
(Mc 14,21)? Starebbero ancora in piedi queste parole se, per vie diritte o
storte, alla fine Giuda finisse in paradiso?)
“Io ero
superbo; il peccato della superbia mi guastava la mente e il cuore. Quando sono
andato da Lui (Si riferisce a Gesù) per chiedergli di accettarmi tra i suoi,
non è stato per umiltà e per spirito di servizio, ma per salire, per arrivare
in alto. Era solo questo il mio intento.
Io mi
sono fatto consacrare apostolo con questa superbia nel cuore e, superbo
com'ero, non ho voluto pentirmi dei miei peccati. Poi è venuta la disperazione,
perché io sapevo di aver tradito il Sangue innocente. Ma la disperazione non è
stato il mio peccato più grave, perché Lui avrebbe avuto pietà di me anche
vedendomi così disperato. Lui avrebbe voluto aiutarmi, ma per me era troppo
tardi, troppo tardi, troppo tardi (Lo grida con infinita tristezza).
Magari io
non fossi mai nato ... mai nato!
Chiunque
trova il coraggio dell'umiltà e va da Lui con il cuore pentito e si getta nella
polvere, viene perdonato. Ma io non ho voluto perché ero troppo superbo, perché
i demòni e l'inferno ormai mi possedevano. Io non potevo più (Lo urla con voce
disperata), non potevo più, non potevo ... non volevo più! Io accuso me stesso.
E voi non
dite, quasi a mia giustificazione, che ero disperato. E' stata la mia smisurata
superbia a impedirmi di chiedergli perdono. E' la superbia il peccato più
grande!
Un uomo
può cadere nella disperazione con molte attenuanti, perché qualcun'altro lo ha
spinto in quel baratro, ma la superbia no, è solo opera dell'uomo che ne è
vittima. L'uomo superbo che osa mettersi al di sopra dell'Altissimo e di ogni
altra persona, che confida solo in se stesso, che non ha compassione di
nessuno, che giudica con durezza gli altri e li condanna senza nemmeno
ascoltare le loro ragioni, è in gravissimo pericolo, perché è già in preda a un
sentimento che gli acceca lo spirito. Io l'ho sperimentato su me stesso. Io ero
superbo, disprezzavo l'umiltà, non ho voluto essere umile (Lo dice con voce
debole).
Non ho
voluto, non ho voluto, non ho voluto! E' questo che mi ha portato
all'impiccagione.
Io vorrei
(Sospira affannosamente), io vorrei anche per mille e mille anni sopportare
le sofferenze più lancinanti, i dolori più tremendi, le agonie della morte, le
pene più strazianti ... pur di uscire dall'inferno, pur di avere anche solo
l'ultimo posto in paradiso. Sopporterei con gioia migliaia, milioni di anni di
sofferenze, le più dolorose, pur di uscire da qui. Ma per me non c'è più
speranza: io sono immerso in una grande tenebra, negli spasimi più atroci.
E il mio
dolore è di molto accresciuto per il fatto che io ero apostolo.
La
consacrazione e la dignità sacerdotale di cui ero insignito sono ancora in me e
lo saranno per sempre ed è per questa consacrazione che io brucio e soffro più
degli altri che non sono consacrati.
Sono
costretto a dirvi: avvertite i vescovi e
i sacerdoti, avvertiteli e dite loro che la consacrazione che hanno ricevuto,
se in Cielo sarà per loro un titolo di maggior onore, qui all'inferno diventerà
un motivo in più di dolore. Per noi consacrati i peccati pesano molto di più
che per gli altri uomini. Questo vale oltre che per i vescovi e i sacerdoti
anche per i religiosi e le religiose. Fatelo sapere nei monasteri (Lo dice con
voce angosciata). Anche l'ultimo dei consacrati, quello che si trova nel posto
di minor importanza, davanti all'Altissimo ha, per i suoi peccati, una
responsabilità molto più grande degli altri uomini”.
NOTA:
Maria SS.ma a S. Veronica Giuliani durante la visione dell’inferno:
Il primo (dei sette luoghi) è il luogo ove sta incatenato Lucifero, e
con esso vi è Giuda che gli fa da sedia, e vi sono tutti quelli che sono stati
seguaci di Giuda» (Diario IV 744).
Riflessioni
dell’autore:
Tutti noi
conosciamo la figura di Giuda Iscariota, credenti e non, come ben sappiamo il
traditore che ha avuto un ruolo importante nel Nuovo Testamento, per aver
spudoratamente tradito, offeso, oltraggiato Gesù Cristo con bacio sacrilego, vendendolo
in mano agli aguzzini per 30 denari.
Egli ha
peccato gravemente per due motivi: per aver consumato la Coena Domini con il
Signore, commettendo una “comunione sacrilega”, anzi “doppia” comunione
sacrilega, perché in cuor suo, mentre consumava il pane spezzato dal Messia
nell’ultima cena, egli nutriva già nel cuore odio, rancore e desiderio di
vendetta verso il Signore, e per giunta era apostolo e vescovo nominato dal
Signore, insieme agli altri 11 discepoli.
“E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui” (Giovanni 13,
21-30).
Giuda Iscariota
commise tre peccati contro lo Spirito Santo (unici peccati dei quali non vi è
perdono) che lo hanno portato allo stato di perdizione eterna:
-
Invidia
della grazia altrui (non sopportava che Gesù era il Messia, il Re dei Re);
-
Disperazione
della salute (dubitare della misericordia di Dio, motivo per cui non chiese
perdono al Signore, nonostante abbia riconosciuto la gravità del peccato
commesso. Questo peccato è simile a quello di Caino, dopo aver commesso un
fratricidio, uccidendo il fratello Abele:“Troppo
grande è la mia colpa per ottener perdono” Genesi 4, 1- 15);
-
Impenitenza
finale (motivo per cui il suo gesto l’abbia portato al suicidio sul Monte del
Cattivo Consiglio nella Gerusalemme Sud-Est)
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